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I responsabili degli incidenti nelle folle sono sempre gli organizzatori

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Mi sono ripromessa tempo fa di smetterla con le opinioni politico/sociali su questo blog, su Facebook e in ogni dove e fino ad ora sono stata abbastanza brava nel rispettare il proposito: riflettere di più e parlare di meno.

Oggi però una cosa la voglio scrivere e non per commentare i fatti di Torino, dove sabato sera in occasione della proiezione in piazza della finale di Champions League, si è scatenato il panico tra i 30.000 spettatori, con conseguente bilancio di 1527 feriti. Lo faccio per commentare come ci raccontano le cose.

Stamattina sui giornali è tutto un: “come possiamo difenderci dal terrore, anche solo presunto“, “come il terrorismo ha cambiato la nostra vita“, “dobbiamo smettere di riunirci in massa ora che c’è l’allarme terrorismo?“, “come rendere le piazze sicure in epoca di terrorismo” e insomma, la parola che predomina nella comunicazione è terrorismo. Proprio alla “psicosi da terrorismo” vengono attribuite infatti le responsabilità di ciò che è successo in piazza San Carlo.

E a me prudono le mani, perché qui il terrorismo c’entra come l’uccisione dell’Arciduca Francesco Ferdinando c’entra con lo scoppio della prima guerra mondiale. I feriti infatti, in questo caso, non li ha fatti il terrorismo e nemmeno l’allarme terrorismo: li ha fatti la folla (e i cocci di bottiglia, ma ci arriviamo) e non è neanche la prima volta.

Duisburg, Germania, Love Parade 2010

Nel 2010, durante la Love Parade, la più famosa manifestazione di musica elettronica d’Europa ormai estinta, morirono 21 persone e i feriti furono oltre 80, tutti schiacciati dalla folla in preda al panico. Panico innescato da cosa? Non si sa e non importa.

I morti infatti non li ha fatti il panico, ma il tunnel: l’unica via d’accesso alla manifestazione che gli organizzatori avevano previsto per le 250.000 persone che la manifestazione poteva accogliere. Le responsabilità in quel caso furono individuate, oltre che nella scelta scellerata della location, un ex scalo merci ferroviario trasformatosi in una trappola per topi, nella scarsità degli agenti in servizio sul posto a fronte di un’affluenza di oltre un milione di persone (prevista in anticipo).

Io questa faccenda me la ricordo bene perché la Love Parade era una manifestazione mitica in quegli anni e se eri veramente figo prima o poi ci dovevi andare. Alcuni articoli che ricostruiscono la vicenda li potete leggere qui:

http://www.ilpost.it/tag/love-parade/

Recentemente, a dimostrazione che il panico da solo non può uccidere, sono andati a processo gli organizzatori della manifestazione:

http://www.lastampa.it/2017/04/24/italia/cronache/germania-corte-dappello-a-giudizio-persone-per-la-love-parade-di-duisburg-qdWuqcBxSw5RPRsXmBWAoL/pagina.html

Roskilde Festival, Danimarca, 2010

Anche questa vicenda me la ricordo bene, perché dei Pearl Jam sono appassionata da una vita e mi ricordo soprattutto il fatto che Eddie Vedder ne uscì sconvolto e ci volle un po’ prima che tornasse sul palco.

In quell’occasione, mentre stavano suonando i Pearl Jam, la folla è andata fuori controllo e, nel tentativo di avvicinarsi il più possibile al palco, ha cominciato a premere su chi stava davanti con il risultato che molti sono finiti a terra, nel fango, e sono stati schiacciati. Sono morti in 9, durante un concerto: una cosa assurda. Le responsabilità in questo caso non sono state mai chiarite, ma sono state riconosciute alcune falle nell’organizzazione, che non ha gestito al meglio la situazione quando stava degenerando.

Poi c’è chi dice che la scarsa qualità del suono abbia spinto le persone (50.000) ad accalcarsi sotto il palco con gli effetti di cui sopra, ma non è possibile dimostrarlo.

http://www.repubblica.it/online/mondo/copenhagen/copenhagen/copenhagen.html

http://www.rockol.it/news-26873/concluso-il-report-della-polizia-sulla-tragedia-roskilde

Il G8 a Genova

Oltre agli arrestati e vittime di torture orrende nella caserma di Bolzaneto, ci sono state moltissimi feriti anche durante il giorno, schiacciati dalla folla che scappava dalle cariche della polizia, con dinamiche identiche a quelle degli altri incidenti sopra citati: la gente in preda al panico o comunque fuori di sé per qualche ragione, ha generato ondate che hanno travolto i più deboli. Anche in quel caso sono state riconosciute responsabilità nell’organizzazione dell’evento che, anche al netto delle azioni violente della polizia, avrebbe messo in pericolo le migliaia di persone convogliate in città per manifestare.

https://it.wikipedia.org/wiki/Fatti_del_G8_di_Genova

Piazza San Carlo a Torino, finale di Champions, Giugno 2017

Quello che stiamo leggendo in queste ore sui giornali non sono analisi fredde sulle responsabilità di un fatto assurdo e largamente evitabile, bensì accorati appelli a come comportarsi in mezzo alle folle e analisi dolenti sugli effetti della psicosi da attacco terroristico, in un paradosso per cui proprio i mezzi che la alimentano quotidianamente, pretendono di insegnarci come reagire ad essa.

Io non sono un’esperta di ordine pubblico, né una giornalista, né un’assessore comunale, ma sono stata ad un certo numero di concerti e manifestazioni e alcune cose le ho imparate. Quando entri in un concerto o in qualsiasi manifestazione a cui affluisca un considerevole numero di persone, le bottiglie di vetro ti vengono sequestrate, insieme a qualsiasi oggetto contundente e alle bottigliette di plastica ti levano il tappo (perché se le lanci aperte, fai la doccia a qualcuno, ma se ne lanci una chiusa, gli puoi anche spaccare il cranio). Sono abbastanza certa che nessun petardo o fumogeno potrebbe mai essere ammesso in simili occasioni e per motivi direi ovvi.

Un’altra cosa che so, è che un tratto distintivo di certi tifosi da stadio sono l’alcol e le canne, di cui fanno scorte prima, durante e dopo quelle partite che a ben vedere non costituiscono altro che una buona scusa per sballare in compagnia. E anche per menare le mani, in certi casi, e quando le cose sono in combinazione è davvero una delizia.

Ne ho le prove? No. Lo so e basta, e lo sapete in tanti. Lo sanno bene i servizi d’ordine degli stadi, dove i controlli sono severissimi (e anche di come dribblare i controlli per nascondere canne già fatte e alcol dentro involucri dall’apparenza innocua ne so un bel po’: chiacchiere da bar dei tempi dell’università, per carità, ma molto dettagliate e verosimili).

E insomma è notorio che tra i tifosi ci siano frange piuttosto agitate.

Una cosa che invece si evince, un fatto incontrovertibile, è che i feriti sabato sera li abbiano fatti la folla in combinazione con i cocci di bottiglie e che dopo il fuggi fuggi di questi ultimi ci fosse un tappeto per tutta la piazza. Di qui qualche considerazione vien da sé.

Ciò che sembra evidente al di là di ogni ragionevole dubbio, è che a Torino sabato sera abbiano organizzato un raduno per 30.000 persone con una leggerezza da principianti, e in questo modo hanno messo a rischio la loro vita.

E il terrorismo con questa storia non c’entra niente, vorrei si dicesse, perché il panico può scattare per i più svariati motivi e della folla si può perdere facilmente il controllo, come dimostrano tutti i fatti che ho citato sopra.

E se organizzi un evento del genere, se amministri una città, se dirigi la polizia, se lo so persino io che sto scrivendo questo post senza titolo e nemmeno autorevolezza, lo dovresti sapere anche tu e meglio.

 

 

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